Il ventiduesimo arcano, privo di numero, può essere indifferentemente considerato l'ultimo o il primo del mazzo, infatti, se esaminato esclusivamente da un punto di vista superficiale, il suo ruolo non conta nulla. Il Matto è l'essere irresponsabile, incosciente e passivo, che sembra trascinarsi attraverso l'esistenza assecondando impulsi razionali. L'abito variopinto, dove compaiono, oltre al verde, i tre colori fondamentali, rosso, blu e giallo, corredato dal berretto a sonagli, tipico copricapo dei buffoni di corte, vuole indicare le molteplici e incoerenti influenze che lo sospingono qua e là, con il fagottello penzoloni sulle spalle, pieno dei suoi inconsistenti tesori.
Il Matto ci fa comprendere quanto buon senso sia necessario per non uscire dal campo della ragione, da cui troppo facilmente si sconfina ogni volta che si tenta di abbordare ciò che è troppo grande: l'infinito. Un animale selvatico, emblema della lucidità e del rimorso, lo addenta, spingendolo, anzichè trattenerlo, verso l'ineluttabile. Ma in questa noncuranza del pericolo, del dolore, in questa ricerca dell'infinito, è racchiusa la grande lezione del Matto, che ha rinunciato alla materia e all'ambizione in vista di un'evoluzione esclusivamente interiore.
Si tratta infatti dello stesso uomo che ha aperto il ciclo degli arcani maggiori, il Bagatto, che attraverso i successivi passaggi lungo la via iniziatica, ha conseguito la vera saggezza. Quella del filosofo, del diverso che ha finalmente trovato il coraggio di andare controcorrente, muovendosi all'interno di se stesso, lungo le strade del cuore.